martedì 23 dicembre 2008

Buone feste

il tempo per un augurio

è passato un po’ di tempo, dall’ultima volta. questo è certo. certo è anche che questa non è una scusa. è un dato oggettivo, una realtà. come certo è che il tempo passa. inesorabile. e implacabile. certo è che in questo tempo abbiamo fatto un bel po’ di cose: fiere, calendari, immagini integrate, packaging. abbiamo riso, qualche volta discusso, abbiamo corso – e rincorso il tempo – appresso a scadenze improrogabili. ed eccoci qua, a ridosso delle feste, a fare i conti col tempo che passa. un altro natale alle porte, un altro anno a scadere. non ce la sentiamo di fare buoni propositi ancor prima che il tempo per quest’anno in corso finisca, non ci sentiamo di dire che dal 2009 il tempo di e per questo blog cambierà. certo faremo il possibile per domare il tempo, cavalcarlo a nostro favore ed essere più presenti. ma per ora permetteteci per tempo di augurarvi ogni bene e, tempo al tempo, una buona fine e uno splendido inizio.

sabato 4 ottobre 2008

less is more, come dice Mies (*)

ma voi lo avete visto quel meraviglioso ed esilarante film che è La casa dei nostri sogni (**)? no? male, davvero! per chi fa questo lavoro, il pipparolo (***) pubblicitario, è un bella lezione di stile. la trama è semplice: Jim Blandings – interpretato da un grandioso Cary Grant – è un pubblicitario newyorkese, sposato con Muriel – la bellissima e ancor più brava Myrna Loy – e padre di due bambine, Betsy e Joan. stanco della routine della metropoli e del proprio appartamento ormai piccolo per lui e la famiglia, decide di acquistare una vecchia casa con un vasto terreno nel Connecticut.

la vantaggiosa trattativa si rivela una fonte inesauribile di problemi, indi per cui la casa, in condizioni troppo disastrose per essere restaurata, dovrà essere abbattuta e ricostruita. da lì in poi l’avventura si complica ulteriormente: prima un’ipoteca, poi una penale a dir poco stellare, il pozzo che non ha l’acqua, le finestre disperse, la moltiplicazione delle spese, l’improvviso ordine di sfratto dal vecchio appartamento che costringe i nostri eroi ad accelerare il trasloco, malgrado i lavori non siano affatto completati.

il povero Jim poi tiene pure problemi con il lavoro: oltre a doversi alzare tutte le mattine all’alba – Per il resto della mia vita sarò costretto ad alzarmi alle 5.00 per prendere il treno delle 6.15 ed essere al lavoro alle 8.00, l’ufficio apre alle 9.00 ed io non ci arrivo mai prima delle 10.00 – testuali sue parole, ci rimette anche la stima del datore di lavoro che da mesi attende da lui lo slogan per una nota marca di prosciutto.
giusto la faraonica domestica Gussie lo trae d’impiccio con un claim, perché è così che noi adesso lo chiamiamo, casereccio ma assolutamente azzeccato; è solo grazie a lei infatti che il nostro salva capra e cavoli: lavoro e casa (perché si sa, i debiti in qualche modo bisogna pur pagarli!). alla faccia del nostro pubblicitario – represso, stanco, oberato dalle cambiali – il proletariato ignorante, nel senso che ignora, si prende una gran bella rivincita: Il prosciutto non mangiam se non è di marca Wham. evvai Gussie, altroché pippe, pane al pane! anzi, in questo caso pane al prosciutto.

ogni volta che lo rivedo – confesso, lo rivedo spesso – non posso non riflettere sul lavoro che ho scelto e che peraltro cerco di fare con passione: che spesso, quasi sempre, la semplicità e a volte anche l’ovvietà, paga. la bravura sta semmai nel mascherare la difficoltà e la tortuosità di un percorso creativo, la ricerca ‘colta’, i rimandi importanti e le filosofie con la semplicità del risultato, combattendo spesso e volentieri con committenti dorotei, ciechi, ostinati e ignoranti, nel senso che ignorano, e che molto poco sono disposti a mettersi in gioco.

(*) Ludwig Mies van der Rohe (1886/1969) è stato un importante architetto e designer tedesco.

(**) La casa dei nostri sogni è un film del 1948 di Henry C. Potter, tratto dal romanzo omonimo di Eric Holdings.

(***) pipparolo: sostantivo maschile; colui/colei che si fa le pippe; atto masturbatorio di natura spesso psicologica, ancorché fisica. Insomma: colui (o colei) che si fa seghe mentali a gogò, si prende troppo sul serio, ride poco e spesso non si gode la vita

venerdì 3 ottobre 2008

che fai il 24?

segnalo a tutti i nostri visitatori, interni o esterni che siano, questa notizia davvero interessante. L’informazione preziosa è stata brutalmente copiata e incollata dal sito di Ferpi, Federazione Relazioni Pubbliche Italiana (www.ferpi.it)

La voce della parola scritta

“Dalla scrittura chiara ed efficace all’originalità dell’espressione in rete. I nuovi linguaggi delle organizzazioni” è il seminario organizzato da Ferpi Triveneto con l’obiettivo di coniugare l’arte della scrittura alla pratica delle RP. Condurrà l’incontro Luisa Carrada che per l’occasione ci propone un’interessante riflessione.

La rete non finisce mai di sorprenderci. E tra le tante sorprese di quello che a torto o a ragione chiamiamo Web 2.0 c’è un’eccezionale rivincita del testo, della parola scritta. Che internet ci avesse rimessi tutti a scrivere, ce ne eravamo ormai accorti da un pezzo, almeno da quando l’email è diventata in tutte le organizzazioni il principale strumento di comunicazione tra le persone. Ma anche dove la multimedialità trionfa – tra i video di Youtube e le foto di Flickr – il testo si ritaglia nuovi spazi e funzioni, che si aggiungono ma non soppiantano affatto quelli più tradizionali.

Se un’immagine vale più di mille parole, quella immagine ha un disperato bisogno delle parole per essere classificata, commentata, collegata ad altre e, soprattutto, trovata. Le parole sono il carburante dei più potenti motori dei nostri giorni, quelli di ricerca. E devono essere parole studiate, precise, proprio quelle sceglieranno per esprimersi i nostri lettori, interlocutori, futuri clienti. L’incontro con loro potrà avvenire solo sul terreno delle parole giuste e condivise.

Sono fatte solo di parole le tag cloud, le nuvolette che troviamo sempre più spesso sulle pagine web a indicarci a colpo d’occhio di cosa si parla lì, così come di parole sono fatti i post e i commenti sui blog. Ogni giorno, nella nostra giornata di lavoro, intrecciamo – scrivendo – continue conversazioni.
Ma anche nei più rassicuranti confini dei siti che ci ostiniamo a chiamare “istituzionali” le cose stanno cambiando sotto i nostri occhi.

Che un’azienda sia piccola o grande, pubblica o privata, sono sempre più le parole scritte a rappresentarla ai clienti o ai cittadini, su tanti strumenti di comunicazione diversi. Alcuni nuovi, altri più tradizionali, ma rinati a nuova vita: brochure, comunicati stampa, annual report, schede prodotto, presentazioni powerpoint, white paper, case study, ebook, newsletter, lettere ai clienti, email, report interni, risposte a bandi di gara, blog, wiki… ogni organizzazione è oggi anche un’azienda editoriale e ogni professionista in qualche modo anche un redattore.

Il testo ci rappresenta, dunque, e quando è importante distinguersi, farsi ascoltare e poi sintonizzarsi sul linguaggio dei nostri interlocutori, il linguaggio standard, il marketese e il burocratese, il gergo del nostro settore di mercato non ci servono più.

La parola scritta ha bisogno di riacquistare profondità, respiro, originalità, tono di voce, tutte cose che si alimentano attraverso la contaminazione con altre discipline e l’espressione personale di tanti singoli individui, dentro e fuori le organizzazioni. “Le aziende non bloggano, solo le persone possono farlo” ci ammonisce Debbie Weil, una delle maggiori esperte di corporate blogging.

In un mercato fatto non di segmenti ma di singoli individui, solo le persone possono individuare il modo migliore di parlare alle persone e di comporre, insieme, anche la voce aziendale.
Una voce originale, per distinguersi. Umana, per partecipare alle conversazioni con i cittadini e i clienti. Precisa, per parlare anche ai motori di ricerca. Visiva, per essere colta anche con gli occhi (glance language, comincia a chiamarlo qualcuno). Onesta, perché per fortuna nel mondo in rete è terribilmente difficile barare.

Luisa Carrada, una delle più note esperte di scrittura sul web (www.mestierediscrivere.com) sarà venerdì 24 ottobre a Marghera (Venezia), presso il Centro Internet Marghera Digitale per il seminario “Dalla scrittura chiara ed efficace all’originalità dell’espressione in rete. I nuovi linguaggi delle organizzazioni.” promosso da FERPI Trevenezie in collaborazione con Provincia di Venezia e PoloEst.

Programma dell’incontro

Ore 9.00 arrivo e registrazione dei partecipanti

• Le organizzazioni nel mondo del Web 2.0: con il sistema delle relazioni cambia anche il linguaggio.

• Gli strumenti nuovi e la nuova vita di quelli tradizionali: sito web, blog, comunicato stampa, ebook, case study, brochure e newsletter.

Ore 13.00-14.00 Pausa pranzo

• La fine del brochurese, la scoperta della conversazione diretta con i clienti, la riscoperta della narrazione a livello individuale e aziendale.

• Informalità della comunicazione, oralità della scrittura, rigore delle informazioni: attraverso l’equilibrio, la ricerca dello stile e della voce aziendale. Una voce diretta, coinvolgente, precisa e credibile.

16.30 Conclusione dei lavori

Informazioni pratiche: Il corso è riservato ai Soci Ferpi nel numero massimo di 20 iscritti. Iscrizione fino ad esaurimento dei posti disponibili fino al 6 ottobre. Costo iscrizione: 50 euro.

Per richiedere modulo di adesione rivolgersi a: delegazione@triveneto.ferpi.it

Ferpi Trevenezie dà appuntamento a Marghera, il 24 ottobre, con il seminario “Dalla scrittura chiara ed efficace all’originalità dell’espressione in rete. I nuovi linguaggi delle organizzazioni”.

giovedì 11 settembre 2008

Helvetica

Spinto dal tuo post, mi introduco nella tua rubrica per scrivere di un altro font: l’helvetica.
Lo si vede ovunque, forse troppo anche ma non si può dire che “non funzioni” e che vada bene un po’ con tutto, come il nero.
Rimane tutt’oggi un carattere attuale nonostante i suoi cinquantun’anni…e se non vado errato c’hanno fatto anche un film. Per incarico di Eduard Hoffman, direttore della Haas, un ex impiegato e progettista freelance: Miedinger creo questo set di caratteri; d’apprima chiamato “Neue Haas Grotesk”, cambiato in seguito in “Helvetica” (derivato dal latino per gli svizzeri).
La serie fu introdotta nel 1961 dalla Stempel e Linotype nel bel mezzo di un’onda rivoluzionaria nel campo del lettering e ben presto il font svizzero acquisì una gran popolarità facendo subito breccia nelle agenzie pubblicitarie e negli studi grafici.
L’Helvetica si vede ovunque; nei marchi, nelle decorazioni per automezzi, brochure, depliant e addirittura nelle stampe d’arte.
Caratteristica tipica di questo carattere è la sua eleganza unita ad un tecnicismo molto apprezzato dai grafici di scuola svizzera per la sua essenzialità e risolutezza formale.
L’inclusione nella grafica digitale fu nel 1984 nei font di sistema Macintosh…grazie Steve!

questioni di carattere

L’importanza che riveste il carattere tipografico nella progettazione grafica mi spinge ad iniziare una sorta di piccola rubrica a tema in questo variegato blog.

Nel vasto universo, oramai prettamente digitale, della grafica pubblicitaria ed editoriale, esistono una moltitudine di caratteri più o meno interessanti, storici, molto usati, improvvisati, vigorosi ancorché in Italia poco conosciuti. La tendenza è quella di affidarsi sempre agli stessi caratteri, per una sorta di ’sicurezza’ visiva e leggibilità che permette a molti di noi grafici di ‘andare sul sicuro’ anche quando gli stessi caratteri, se troppo visti, si neutralizzano e tendono a diventare noiosi. Lungi da me dare consigli su quale sia il carattere più cool, quello più leggibile, quello più usato e via discorrendo; in questo ameno e democratico lungo di confronto che vuole essere il nostro spazio vorrei solo raccontare delle piccole storie sulla nascita, la storia e l’uso di alcuni di questi certamente importanti protagonisti del nostro fare comunicazione. E, sebbene abbia promesso di non sbilanciarmi in osservazioni e pareri personali, comincerei con il GILL SANS, un carattere che mi piace assai.
Il GILL SANS è stato disegnato da Eric Gill e prodotto dalla Monotype, per volontà del consulente tipografico dell’azienda, il signor Morison, nel 1928. Non era il primo carattere commissionato ad Eric Gill ma è stato il primo ad essere prodotto da questa storica fonderia e, in origine, questo carattere era destinato ad un’insegna. I numeri minuscoli, molto utile nel comporre testi, sono stati prodotti privatamente ma mai realizzati da Monotype. Il Gill Sans fu adottato per tutta la pubblicità, gli orari e la segnaletica dalla LONDON & NORTH EASTERN RAILWAY.

Le sue caratteristiche tecniche lo fanno rientrare in quella classe di caratteri definiti bastoni, lineari umanistici in questo caso; è un carattere molto britannico, dalla leggibilità ottima e composto da forme esteriormente geometriche ma nello stesso tempo molto umanistiche che richiede un buon senso di pesi e misure. Le aperture variano (molto larga la c, più contenuta la a, piccola la e) e il corsivo è stato uno dei più rivoluzionari della sua epoca. Il contrasto fra pieni e sottili è più o meno marcato, l’asse è perpendicolare alla linea di base, il tratto terminale in alto della r è parallelo alla linea di base. Ha una fonderia estesa, molti stili e versioni extended e condensed.

Pur adottando la geometria elementare raccomandata dalla nuova tipografia modernista (esempi ne sono il Futura, il Frutiger, il famoso Helvetica di cui non mancherò di parlare, il Lucida) il Gill Sans conserva la vivacità della mano che l’ha tracciato e al contempo conferisce fluidità al testo.
Inizialmente si riteneva che fosse ben più adatto ai titoli, che fosse un’alternativa a un altro famoso carattere, il Johnston – disegnato dall’omonimo signore per la metropolitana londinese – dal quale ha sicuramente preso spunto (Gill aveva peraltro collaborato con Johnston alla prima versione del carattere); in realtà la sua vasta diffusione deriva da una marcata personalità. Basta guardare la sottile curva discendente della R, le aste trasversali spezzate a mezza altezza della M che evitano l’ombratura ottica tipica del maiuscolo delle M spesse. La larghezza delle lettere è uniforme e la a, la g e la t somigliano più al romano tradizionale che alle versioni spoglie proposte per esempio dal Futura.

Tutto ciò ce lo mostra il carattere stesso, con la sua storia visiva ricca di combinazioni, in migliaia di esempi: libri, brochure, annunci e quant’altro in questo lavoro si debba produrre per comunicare un concetto, una notizia, o raccontare una storia.

Scimmie, lo Zen e qualche daiquiri

Qualcuno ha scritto che lasciando 500 scimmie davanti ad altrettante macchine da scrivere per un periodo di tempo illimitato, queste se ne uscirebbero matematicamente con il più grande romanzo di tutti i tempi.
Immagine certamente bizzarra (specialmente se immaginiamo le scimmie sorseggiare un daiquiri con l’espressione annoiata dello scrittore arrivato), ma non priva di senso.

La tesi perorata dai dotti primati definisce il processo creativo come un percorso che conduce chiunque, prima o poi, all’eccellenza. Le opere mediocri si spiegano con la mancanza di perseveranza, l’arrestarsi prima di raggiungere l’inevitabile perfezione.

Se tutti noi avessimo tempo infinito per completare le nostre opere - siano esse romanzi, dichiarazioni dei redditi o lavori a maglia, avremmo forse la certezza assoluta della loro qualità?
Il genio, la fantasia… Quel je-ne-sais-quoi indefinibile che separa il sublime dal mediocre sono quindi solo una questione di intuito spicciolo? Forse un artista geniale è solo più abile a scremare velocemente la propria visione di tutti gli elementi inutili, a trovare una scorciatoia per quella destinazione che vedrebbe l’uomo (o la scimmia) comune arrivare dopo anni ed anni di lavoro indefesso?

O forse ognuno di noi è dotato di creatività e operatività uniche, che non vanno vincolate ad un astratto concetto di perfezione, con buona pace di Aristotele e del pensiero classico?

A noi - in tutta sincerità - questa storiella piace principalmente perchè ci sono delle scimmie (noterete che le abbiamo inserite nel sito dell’agenzia).

E delle macchine da scrivere.

martedì 9 settembre 2008

eravamo lì per caso

eravamo lì per caso, a quell’ora. di cosa parlo? del Glamroom, il nuovo padiglione, recentemente restylizzato, della Fiera di Vicenza. dopo aver visitato il corpo centrale di Choice, monotono dispiegamento di massa di ori e argenti e pietre preziose in stand blindati e ancorché poco accoglienti, ci siamo prontamente trasferiti, con grazioso e indispensabile servizio di pulmino annesso, braccioli in radica e aria condizionata al massimo – effettivamente sabato pomeriggio a Vicenza c’era un po’ di calura – all’ex Padiglione L ora rinominato, very chic very trendy very beautiful very glamour, GLAMROOM. l’esterno ti accoglie con un rivestimento a pattern molto piacevole, un monolite rosso che baldanzoso svetta nel cielo della sciatta e noiosa zona industriale che lo ospita, il logo tridimensionale e il muro d’edera – lungimirante la Fiera di Vicenza che ha deciso per una scelta bio-architettonica – che nasconde il vecchio ingresso. l’interno ospita il design minimale – con elementi d’arredo bianchi in contrasto con il nero, rosso fragola e il verde ‘foglioline di primavera’ dei muri divisori e dei soffitti, elegantemente posati su moquette a fiori – degli stand, intervallati da zone loungerie con pouf e sedute che ricordano un po’ i set di Spazio 1999. la loungerie principale è uno spazio regolare con origami luccicanti che definiscono i soffitti, pareti retroilluminate e tessuti metallici che delimitano gli spazi e divanetti bicolore dove puoi gustarti un drink. è indubbio che tutto il contesto sia lieve ed elegante, stilisticamente omogeneo e morbidamente accogliente, in poche parole confortevole e, come dice il sito stesso, molto MOOD. ma allora perché – e si sa, la classe non è acqua! in questo caso è thequando mi vedo portare dal mio amico enrico, e non da un cameriere, un the in lattina di quelli che trovi al discount non mi stupisco nel pensare che forse pochi sanno veramente cosa sia un’immagine integrata, omogeneità stilistica? mordida accoglienza?, dove definire anche questo tipo di particolari – il prosecco caldo?, vade retro! – abbia una sua significativa rilevanza. perplessi ci gustiamo le nostre banali e insipie bevande e guardando la fauna da fiera che ci passa davanti, tanti completi e cravatte e tacchi vertiginosi e trucchi e parrucchi, incrociamo anche la presentazione di un film in uscita, tratto da un bel libro di edizioni e/o dal titolo Scontro di civiltà per un ascensore in Piazza Vittorio di Amara Lakhous. il Glamroom Pavillon è ben vero che è uno stanzone rivestito di brillii e luccichii ma è pur sempre parte di un edificio industriale dove l’acustica non è certamente un punto forte. e dargli un microfono a questo povero cristo di regista? magari rosa e verde, in tono con i colori glamour del contesto e le stelle filanti del soffitto? perché, tranne le tre persone nelle immediate vicinanze delle celebrità in questione – chi sarà mai poi Anjel? – nessuno ha sentito una frase intera della presentazione. almeno alla fine uno stuolo di camerieri davvero molto eleganti ci ha servito stuzzichini e beveraggi adeguati alla situazione. e pensare che eravamo lì per caso.

sabato 6 settembre 2008

Il valore della grafica

Il disegno originale del logo della lingua che ha caratterizzato i Rolling Stones è stato acquistato dal Victoria&Albert Museum per la cifra di 92.500 dollari. Creato nel 1970 dall’allora studente, al Royal College of Art di Londra, John Pasche, il marchio fu pagato l’equivalente di 60 euro diventando uno dei primi e più noti casi di branding musicale.

http://sdz.aiap.it/notizie/10518

Questa notizia, come molte altre, l’ho letta sul sito di socialdesignzine, il periodico online di AIAP, portale in continua evoluzione sul mondo della comunicazione, anzi: il portale per eccellenza della comunità della grafica. Indispensabile per chi come noi fa questo lavoro, alle prese ogni giorno con un universo dai confini in continua espansione, ma aperto anche al pubblico più eterogeneo che vi può leggere riflessioni sulla progettazione visiva, notizie sulla comunicazione internazionale, quesiti etici e, non da ultimo, segnalazioni di mostre, concorsi e pubblicazioni di settore.

martedì 2 settembre 2008

IIG alla fiera Choice

Fervono i preparativi per la fiera dell’oreficeria e della gioielleria Choice - jewellery business is growing.
Idee Italiane Group sarà presente con un suo stand al padiglione G16… Veniteci a trovare!

mercoledì 20 agosto 2008

Vacanze… tanto sospirate ma già terminate!!

Oggi è il mio secondo giorno di lavoro e mi sembra di aver iniziato ieri la tanto sospirata vacanza. Ma chi se ne frega, la vita è bella e dobbiamo fare i sacrifici per apprezzare i momenti meno difficoltosi.

sabato 16 agosto 2008

Il Ritorno dei Copy viventi

Con l’arrivo del freddo vento autunnale, si avvicinano le festività più macabre e cupe.
Senza scomodare l’arcinota Halloween (festività di altre latitudini che a furia di passaggi televisivi e cinematografici si è guadagnata la cittadinanza onoraria nell’immaginario collettivo), l’esotico Dia de los Muertos messicano o le antiche celebrazioni celtiche, basterebbe semplicemente citare il nostranissimo due novembre per “creare l’atmosfera”, come e meglio dell’ad di un celebre Brandy parato a lutto.

Il mio personalissimo contributo alle tetre celebrazioni è il link a The Advertising Graveyard, il Cimitero della Pubblicità. Idee e concept strappati alla vita PRIMA di raggiungere il grande pubblico sorgono dai loro faldoni funerari dimenticati in sepolcrali archivi, affamati dell’attenzione dei viventi.

Il pubblicitario statunitense Jeffrey Zeldman ha messo assieme una collezione di concept scartati dai committenti perchè obiettivamente troppo audaci (alcuni travalicano abbondantemente i limiti del buon gusto) o perchè non compresi fino in fondo dal cliente.

Lentamente i concept menomati, i bozzetti raffazzonati, le grottesche idee appena abbozzate strisciano da una pagina del sito all’altra, nella loro muta sete di vendetta verso chi li seppellì con un “pensavamo a qualcosa di meno…estremo”.

Tremate, poveri mortali.

Le idee son tornate.

sabato 9 agosto 2008

Ferragosto XXXL

Comunicazione squisitamente di servizio: i nostri uffici resteranno chiusi per tutta la settimana di ferragosto - vale a dire da lunedì 11 a venerdì 15 compresi.
Approfitto dell’occasione per augurare buone vacanze a tutti i visitatori del Blog!

mercoledì 6 agosto 2008

Benvenuti al corporate blog di Idee Italiane Group

Sito nuovo, vita nuova.

Il recente restyling del sito - e più in generale dell’intera immagine coordinata aziendale ha posto il team creativo di Idee Italiane Group di fronte ad un dilemma: Blog o non-Blog?

La risposta può apparire scontata: CHI non dispone di un Blog al giorno d’oggi? Chi vorrebbe mai privarsi di un podio improvvisato - una cassetta di frutta telematica - in quel colossale e cosmopolita Speaker’s Corner che è la rete? Chi sente di potersi privare del piacere di lanciare strali contro celebrità e potenti dal relativo anonimato di un’identità virtuale?
Chi può resistere alla tentazione di mettere in bella mostra la propria mercanzia in uno spazio destinato a raccogliere ed esporre le proprie riflessioni, un pò come le signore che trasformavano il the delle cinque in un’imbarazzante vendita di pentole e prodotti di bellezza?

Il Blog, non lo volevamo.

Eppure eccoci qui ad inaugurare uno spazio, per abusare un’espressione trita (siamo pubblicitari, dopotutto!), dedicato alla riflessione, allo scambio di idee, agli approfondimenti, alla più liberatoria e consolante perdita di tempo.

Promesse? Non ci sentiamo di farne: parleranno le nostre azioni e, soprattutto, le nostre Idee.