sabato 4 ottobre 2008

less is more, come dice Mies (*)

ma voi lo avete visto quel meraviglioso ed esilarante film che è La casa dei nostri sogni (**)? no? male, davvero! per chi fa questo lavoro, il pipparolo (***) pubblicitario, è un bella lezione di stile. la trama è semplice: Jim Blandings – interpretato da un grandioso Cary Grant – è un pubblicitario newyorkese, sposato con Muriel – la bellissima e ancor più brava Myrna Loy – e padre di due bambine, Betsy e Joan. stanco della routine della metropoli e del proprio appartamento ormai piccolo per lui e la famiglia, decide di acquistare una vecchia casa con un vasto terreno nel Connecticut.

la vantaggiosa trattativa si rivela una fonte inesauribile di problemi, indi per cui la casa, in condizioni troppo disastrose per essere restaurata, dovrà essere abbattuta e ricostruita. da lì in poi l’avventura si complica ulteriormente: prima un’ipoteca, poi una penale a dir poco stellare, il pozzo che non ha l’acqua, le finestre disperse, la moltiplicazione delle spese, l’improvviso ordine di sfratto dal vecchio appartamento che costringe i nostri eroi ad accelerare il trasloco, malgrado i lavori non siano affatto completati.

il povero Jim poi tiene pure problemi con il lavoro: oltre a doversi alzare tutte le mattine all’alba – Per il resto della mia vita sarò costretto ad alzarmi alle 5.00 per prendere il treno delle 6.15 ed essere al lavoro alle 8.00, l’ufficio apre alle 9.00 ed io non ci arrivo mai prima delle 10.00 – testuali sue parole, ci rimette anche la stima del datore di lavoro che da mesi attende da lui lo slogan per una nota marca di prosciutto.
giusto la faraonica domestica Gussie lo trae d’impiccio con un claim, perché è così che noi adesso lo chiamiamo, casereccio ma assolutamente azzeccato; è solo grazie a lei infatti che il nostro salva capra e cavoli: lavoro e casa (perché si sa, i debiti in qualche modo bisogna pur pagarli!). alla faccia del nostro pubblicitario – represso, stanco, oberato dalle cambiali – il proletariato ignorante, nel senso che ignora, si prende una gran bella rivincita: Il prosciutto non mangiam se non è di marca Wham. evvai Gussie, altroché pippe, pane al pane! anzi, in questo caso pane al prosciutto.

ogni volta che lo rivedo – confesso, lo rivedo spesso – non posso non riflettere sul lavoro che ho scelto e che peraltro cerco di fare con passione: che spesso, quasi sempre, la semplicità e a volte anche l’ovvietà, paga. la bravura sta semmai nel mascherare la difficoltà e la tortuosità di un percorso creativo, la ricerca ‘colta’, i rimandi importanti e le filosofie con la semplicità del risultato, combattendo spesso e volentieri con committenti dorotei, ciechi, ostinati e ignoranti, nel senso che ignorano, e che molto poco sono disposti a mettersi in gioco.

(*) Ludwig Mies van der Rohe (1886/1969) è stato un importante architetto e designer tedesco.

(**) La casa dei nostri sogni è un film del 1948 di Henry C. Potter, tratto dal romanzo omonimo di Eric Holdings.

(***) pipparolo: sostantivo maschile; colui/colei che si fa le pippe; atto masturbatorio di natura spesso psicologica, ancorché fisica. Insomma: colui (o colei) che si fa seghe mentali a gogò, si prende troppo sul serio, ride poco e spesso non si gode la vita

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