giovedì 11 settembre 2008

questioni di carattere

L’importanza che riveste il carattere tipografico nella progettazione grafica mi spinge ad iniziare una sorta di piccola rubrica a tema in questo variegato blog.

Nel vasto universo, oramai prettamente digitale, della grafica pubblicitaria ed editoriale, esistono una moltitudine di caratteri più o meno interessanti, storici, molto usati, improvvisati, vigorosi ancorché in Italia poco conosciuti. La tendenza è quella di affidarsi sempre agli stessi caratteri, per una sorta di ’sicurezza’ visiva e leggibilità che permette a molti di noi grafici di ‘andare sul sicuro’ anche quando gli stessi caratteri, se troppo visti, si neutralizzano e tendono a diventare noiosi. Lungi da me dare consigli su quale sia il carattere più cool, quello più leggibile, quello più usato e via discorrendo; in questo ameno e democratico lungo di confronto che vuole essere il nostro spazio vorrei solo raccontare delle piccole storie sulla nascita, la storia e l’uso di alcuni di questi certamente importanti protagonisti del nostro fare comunicazione. E, sebbene abbia promesso di non sbilanciarmi in osservazioni e pareri personali, comincerei con il GILL SANS, un carattere che mi piace assai.
Il GILL SANS è stato disegnato da Eric Gill e prodotto dalla Monotype, per volontà del consulente tipografico dell’azienda, il signor Morison, nel 1928. Non era il primo carattere commissionato ad Eric Gill ma è stato il primo ad essere prodotto da questa storica fonderia e, in origine, questo carattere era destinato ad un’insegna. I numeri minuscoli, molto utile nel comporre testi, sono stati prodotti privatamente ma mai realizzati da Monotype. Il Gill Sans fu adottato per tutta la pubblicità, gli orari e la segnaletica dalla LONDON & NORTH EASTERN RAILWAY.

Le sue caratteristiche tecniche lo fanno rientrare in quella classe di caratteri definiti bastoni, lineari umanistici in questo caso; è un carattere molto britannico, dalla leggibilità ottima e composto da forme esteriormente geometriche ma nello stesso tempo molto umanistiche che richiede un buon senso di pesi e misure. Le aperture variano (molto larga la c, più contenuta la a, piccola la e) e il corsivo è stato uno dei più rivoluzionari della sua epoca. Il contrasto fra pieni e sottili è più o meno marcato, l’asse è perpendicolare alla linea di base, il tratto terminale in alto della r è parallelo alla linea di base. Ha una fonderia estesa, molti stili e versioni extended e condensed.

Pur adottando la geometria elementare raccomandata dalla nuova tipografia modernista (esempi ne sono il Futura, il Frutiger, il famoso Helvetica di cui non mancherò di parlare, il Lucida) il Gill Sans conserva la vivacità della mano che l’ha tracciato e al contempo conferisce fluidità al testo.
Inizialmente si riteneva che fosse ben più adatto ai titoli, che fosse un’alternativa a un altro famoso carattere, il Johnston – disegnato dall’omonimo signore per la metropolitana londinese – dal quale ha sicuramente preso spunto (Gill aveva peraltro collaborato con Johnston alla prima versione del carattere); in realtà la sua vasta diffusione deriva da una marcata personalità. Basta guardare la sottile curva discendente della R, le aste trasversali spezzate a mezza altezza della M che evitano l’ombratura ottica tipica del maiuscolo delle M spesse. La larghezza delle lettere è uniforme e la a, la g e la t somigliano più al romano tradizionale che alle versioni spoglie proposte per esempio dal Futura.

Tutto ciò ce lo mostra il carattere stesso, con la sua storia visiva ricca di combinazioni, in migliaia di esempi: libri, brochure, annunci e quant’altro in questo lavoro si debba produrre per comunicare un concetto, una notizia, o raccontare una storia.

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